Nello splendido scenario naturale circostante il Borgo, che apparteneva all’antico feudo dei “ Castelli di Sant’Ilario” oggi vive la ninfa Siringa, che vaga sul territorio libera e invisibile.
E’ una scultura vivente che si è materializzata dall’ opera omonima realizzata in canna dal maestro Franco Zaccagnino.
Nello splendido scenario naturale circostante il Borgo, che apparteneva all’antico feudo dei “ Castelli di Sant’Ilario” oggi vive la ninfa Siringa, che vaga sul territorio libera e invisibile.
E’ una scultura vivente che si è materializzata dall’ opera omonima realizzata in canna dal maestro Franco Zaccagnino.
Siringa, alterando ogni regola, decide di non ritornare più in Arcadia , sua terra di origine, bensì di rimanere nella nuova dimora perché affascinata dalla bellezza dei luoghi.
La sera del 10 agosto di ogni anno, Siringa, lascia le sponde del fiume Arvivo ed esce dai suoi boschi incontaminati per manifestarsi nel Borgo, dove presenta ai numerosi ospiti presenti, la nuova scultura arundiana del suo maestro che prenderà posto nel Museo dell’Arte Arundiana.
Dalla canna mediterranea (arundo donax) Franco Zaccagnino ricava sostanza ed ispirazione per la sua sperimentazione estetica. Da qui l’espressione “arte arundiana”. Il materiale povero, flessibile e versatile, da sempre impiegato nella cultura agro-pastorale per la realizzazione di canestri, graticci, o piccoli strumenti musicali a fiato, diventa per l’Autore seducente opportunità da elevare a statuto artistico. Nell’organizzazione strutturale e nell’ iter del montaggio, la grammatica stilistica impiegata è esaltata dal gusto per il gioco e l’ironia.
A ben vedere, infatti, le sue sculture/assemblaggio si avvalgono del LUDUS, componente significativo di ogni processo creativo ma che nell’arte di Zaccagnino assurge a diktat non facilmente derogabile; dunque “Homo faber” nell’abilità manipolativa della materia, e “Homo ludens” nella prassi compositiva più vicina alla tesi ludocentrica huizinghiana.
L’Autore plasma personaggi, con elementi scolpiti e modellati separatamente, traendoli dal genius loci perché la canna mediterranea, largamente presente nei suoi luoghi nativi, gli porge lo spettacolare pretesto per rinsaldare le sue radici identitarie.
Le composizioni così concepite, figlie della tensione creativa, in una sorta di procedimento alchemico acquisiscono forma e pulsano di specificità propria – l’esempio emblematico della Poetica dell’Autore è nel processo di attualizzazione/personificazione della Ninfa Siringa – e divengono sculture animiche, profane divinità di una sacralità rurale e panteistica, nell’anelito, forse mai
esplicitamente confessato, di rinvenire in esse la smarrita armonia tra l’immanente e la magnificenza del creato.
Grazia Pastore
Critico d’Arte